venerdì 18 aprile 2014

Il giovane e il Saggio

Gabriel García Márquez se n'è andato, e qui devo ammettere, mia pubblica ammenda, di non aver mai letto nulla di quello che ha scritto: conosco molti titoli di sue opere, ma non le ho mai lette. Probabilmente lo farò adesso, non tanto perché motivato dalla diffusione mediatica dell'evento, ma per una forma di rispetto verso un artista.
E come lui ci sono moltissimi altri scrittori dei quali non ho mai letto nulla e come giovane scrittore, giovane in senso artistico, non anagrafico, sento il dovere, la necessità e non ultimo il desiderio di conoscere quello che i grandi maestri hanno realizzato.

Pur avendo sempre coltivato una certa passione per il "raccontare" solo negli ultimi quattro, cinque anni ho trovato una strada e delle motivazioni per dedicarmi in modo più continuativo allo scrivere. Credo di aver trovato soprattutto il modo (o i modi) per capire meglio me stesso e di conseguenza ho trovato anche nuovi strumenti per capire meglio quello che mi circonda: c'è molto da recuperare, anche attraverso chi prima e meglio di me si è cimentato nella difficile arte di trasmettere emozioni attraverso le parole. In questo momento per me è come essere un bambino dell'asilo, con molto da conoscere e da imparare: ho in parte il vantaggio di poter contare su una certa maturità anagrafica che comunque ha il suo peso in fatto di esperienze, ma da un punto di vista artistico deve scorrere ancora molto inchiostro sotto i ponti.

Per questo il mio cappello è già stato tolto da tempo a perenne e rispettoso omaggio per tutti gli artisti che già hanno un loro posto d'onore nel panorama della letteratura, rispettoso riconoscimento del giovane nei confronti dei "saggi". Questo è un po' quello che ho sempre vissuto, che in qualche modo mi è stato insegnato e anche se da ragazzo l'ho vissuto come un qualcosa di calato dall'alto, adesso ne capisco meglio il senso: rispetto per chi ha più esperienza di me. Che non vuol dire rispetto acritico, ma deve essere un rispetto che per lo meno ti fa avvicinare alle persone con misura, mettendo prima di tutto avanti il fatto che se qualcuno ha più esperienza di te in qualcosa, probabilmente c'è da imparare. Poi si misurerà il tutto con la propria esperienza e forse si potrebbe anche arrivare a dire che in fin dei conti da questa persona non c'è molto da imparare, per tanti motivi, ma questo deve venire dopo, dopo che ci sia stato almeno un confronto.

Voglio dire che non necessariamente gli altri sono sempre più bravi ma non si può iniziare con la spavalda sfrontatezza di essere sicuramente i migliori. Questione di umiltà o, come dice il mio rispettatissimo "capo" (colui che tiene le fila del mio reparto di lavoro), almeno rispettatissimo da me, questione di "onestà intellettuale", onestà prima di tutto verso i propri limiti ma anche onestà nel riconoscere, in modo onesto, i limiti degli altri.

Il problema di tutto ciò, di arrivare cioè ad avere una solida "onestà intellettuale" è che, come tutto quello che riguarda la sfera della saggezza personale, ci si arriva di solito un po' avanti con gli anni. Quindi molti dei contrasti generazionali, delle incomprensioni con i figli, derivano proprio da questo, dalla loro mancanza, senza colpa, di una maturità e di una onestà che ancora non hanno, che in questo momento in qualche modo rifiutano e che un giorno capiranno che se l'avessero avuta prima sarebbe stato molto meglio. Forse il nocciolo della questione, il punto di equilibrio tra questi universi generazionali sta proprio qui, in un personale e vicendevole rapporto di onestà intellettuale.

Come "giovane" avrò sempre un profondo, onesto, rispetto per "l'anziano" e questa saggezza che un po' alla volta acquisirò nel tempo mi deve aiutare ad avere un onesto rispetto anche per chi, più giovane, spavaldo giovane, sta ancora imparando.

Nessun commento:

Posta un commento