martedì 27 marzo 2012

Un sorriso che arriva da dentro

Notte. I ragazzi dormono già da un po'. Teo ronfa sul divano, poi ogni tanto fa un passaggio qui sul tavolo per prendersi qualche "grattino". Notte, paradiso di chi scrive. Apro la posta di Gmail e l'occhio cade subito su quell'1 tra parentesi vicino all'etichetta della sezione di Simona, sulla sinistra della pagina. Una etichetta che come altre mi permette di raccogliere, differenziare, in modo preciso le innumerevoli mail (molta spazzatura) che ricevo. Varie etichette, filtri in realtà, che rendono facile selezionare le cose importanti, quelle mail che hai piacere di leggere subito appena arrivano, ma soprattutto che non vuoi si perdano in mezzo a tutto il resto.

Attraverso le cuffie mi arrivano le note dei Nightwish: “Dark Chest of Wonder”, “The Wishmaster”. Tra un po' la scaletta passerà ad Afeter Forver, Epica, Kamelot, Slipknot... il "metallo" che ascolto sempre quando scrivo, mi rilassa, mi permette di concentrarmi su quello che devo dire e, come dice sempre il "malkavo", il mio carissimo amico Luca: "il volume deve essere ALTO!!!".

Simona scrive, non tutto, solo quello che serve in quel momento, il necessario: anche lei più o meno volontariamente seguace del Rasoio di Ockham... come si chiama un seguace della filosofia di Ockham? "Ockhamiano"? mah... neanche tanto facile da pronunciare tra l'altro, ma non ha importanza.

Simona quando scrive è come un treno con la sirena spiegata... ma fermo... ma con la sirena spiegata. "Urla del silenzio" mi viene in mente in questo momento, non tanto per il tema del film, ma per la contrapposizione generata da questo ossimoro... (i Nightwish intanto stanno dando il meglio di sé in “Ghost Love Score”). Ha allegato alla sua mail l'ultima cosa che ha scritto, una delle sue intimistiche "quasi poesie", la trascrizione di una parte della "sirena spiegata" di prima. Stavo per prendere tastiera e monitor per commentare (una volta sarebbero state "carta & penna"), ma non c'era nulla da commentare, o meglio, non era quello l'elemento importante da commentare.

L'allegato può attirare l'attenzione, come un pacco regalo che attira l'attenzione, ma questa volta è il biglietto accompagnatorio ad essere importante. Devo tirare le orecchie a quella ragazza, ha cercato di sviare l'attenzione sul pacco regalo e forse qualche anno fa ci sarebbe pure riuscita. Adesso no.

Simona sussurra. Sussurra un grande dolore che viene da lontano. In modo discreto e gentile, così come fa sempre, anche un po' preoccupata di disturbare troppo. Con quella sua rispettosa attenzione rivolta all'esterno, col timore di creare disagio. Mi racconta dei difficili rapporti madre-figlia che si tramandano nel tempo, di eredità fatte di incapacità di amare, o forse di amare nel modo sbagliato, che per alcuni è giusto così e quindi lo tramandano come a loro volta l'hanno ricevuto, in modo acritico.

Probabilmente proveniamo da generazioni molto vicine, perché le sue parole riportano alla mente problematiche analoghe che ho vissuto con i miei genitori, con un padre non portato a quasi nessuna forma di sentimento, bravissimo in moltissime cose, ma assolutamente carente in affettività, e una madre a sua volta amata per "sottointeso" e che forse vorrebbe dare al figlio quello che le è mancato ma purtroppo lo fa in tutti i modi sbagliati. Quello che ha fatto più male quando dopo tantissimi anni sono riuscito a dire ai miei genitori che il loro concetto di "amore" ha fatto più danni che altro, è stato sentirmi rispondere: "se tornassimo indietro... rifaremmo esattamente le stesse cose".

Simona si frena, giustamente. Tempo al tempo. C'è bisogno di fiducia, sicurezza, per affrontare certe tematiche con le persone. Intanto si scusa per usarmi come cuscinetto, una sorta di valvola per liberare la pressione, almeno in parte. Devo ricordarmi di dirle che in questi anni ho fatto le spalle grosse, non mi spavento e che se vuole, se se la sente, può aprire di più la valvola della pressione, con la serena speranza, convinzione, che probabilmente dopo potrebbe stare ancora meglio.

Intanto Simona è quella che bussa chiedendo permesso, con quella disciplina che usa tutti i giorni in tutte le situazioni. Ma c'è anche un sorriso nei saluti, quello che si vede arrivare da dentro, che racconta altro, che la disciplina imposta da certi ambienti non riesce a nascondere: chissà in quanti lo notano?

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