mercoledì 28 aprile 2010

Andando a Venezia

27 aprile 2010, sto andando a Venezia.
Il cielo sopra di me sta facendo un girotondo grigio attorno al sole che appare e scompare a intermittenza ma resiste. Dal ponte la vedo arrivare, questa città sospesa tra acqua e cielo, un tempo incontro di culture, oggi cultura di sè stessa che continua ad attirare tutto il mondo.

Sono venuto a Venezia un sacco di volte, ci abito vicino, per me è normale: gli anni dell’università, le passeggiate domenicali con gli amici, il gelato da mangiare in compagnia alle “zattere”, il lavoro. Tanti motivi diversi mi hanno portato qui e oggi ne aggiungo uno nuovo. L’appuntamento, che si rivelerà stranamente rapido, è con il tribunale: devono solo comunicarmi il giorno in cui si terrà l’udienza per la separazione.

Ho una teoria personale riguardo al muoversi dentro a Venezia: se non sai dove andare segui il flusso principale delle persone, prima o poi visiterai tutti i luoghi principali. Rialto è uno di questi, lì devo arrivare, ma oggi sembra che tutte le persone si muovano in direzione opposta alla mia.
Così mi fermo e chiudo gli occhi e ascolto il rumore delle scarpe dei passanti sulle pietre delle calli, quello scalpiccio così particolare che si sente solo qui. Eccolo, è sempre lui, in un certo senso è rassicurante, una sorta di identità mai perduta e quando riapro gli occhi ritrovo anche persone che vanno nella mia stessa direzione, sicuramente per altri motivi, diventando però involontari compagni di percorso, ignoti passeggeri che nei lunghi viaggi ogni tanto ci fanno distogliere lo sguardo dal finestrino quando tutto scorre troppo velocemente per essere fissato nella memoria.

Tutto si svolge rapidamente, in un innaturale silenzio ovattato dalla presenza di armadi pieni di carte di un piccolo ufficio. L’impiegata davanti al computer sussurra un “23 giugno, ore 12.00“… 23 giugno…. Il giorno in cui io e la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie ci siamo messi insieme.

Un cerchio si chiude. Altro si apre.

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